Vita di San Bruno di Segni

Bruno di Segni è nato a Solero, attualmente in provincia di Alessandria ma a quel tempo sotto la giurisdizione del ducato di Asti. Per questo motivo viene chiamato anche Bruno da Solero o Bruno Astense. Qualche autore lo chiama anche Bruno di Montecassino per il fatto che per nove anni fu monaco e poi abate nel famoso cenobio. La terminologia più frequente, anche nell’uso liturgico, è comunque quella che lo identifica come Bruno di Segni.

De viris illustribus casinensis coenobii

Qui il testo De Viris Illustribus (MPL 173, col. 1040 - 1042)

La seconda delle fonti monastiche è il “De viris illustribus casinensis coenobii[1], attribuito anche questo a Pietro Diacono, in cui le vite dei monaci illustri sono presentate con uno stile più conciso ma soprattutto l’attenzione dell’autore è incentrata ad elencare la produzione letteraria dei singoli personaggi, piuttosto che gli episodi della loro vita. In questa opera, il trentaquattresimo capitolo è quello dedicato a  san Bruno.

Tuttavia non possiamo ignorare che Pietro Diacono nelle sue opere si prefigge di esaltare l’istituzione benedettina cassinese attraverso il racconto della vita dei suoi figli più illustri e per raggiungere questo scopo non si fa scrupolo di raccontare i fatti modificandoli a suo interesse, tanto che è stato ritenuto un “abile falsificatore e manipolatore di documenti e di leggende”[2].

 

[1]  De Viris Illustribus Casinensibus Coenobii, PL 173, 34, cc. 1009 – 1040.

[2]  G. Penco, Storia del monachesimo in Italia dalle origini alla fine del Medio Evo, Edizioni Paoline, Roma 1961, p. 496.

Chronicon

Qui il testo Chronicon Casinense  (MPL173, col. 0439 - 0990B)

Il “Chronicon Casinense” o “Chronica monasterii Casinensis[1], è la prima delle fonti monastiche e presenta la vita degli abati di Montecassino, dal V al XII secolo, a partire dal fondatore, san Benedetto da Norcia.

Iniziato dal cardinale Leone Marsicano che ne compose i primi tre libri, il Chronicon è stato terminato da Pietro Diacono che aggiunse il quarto, nel quale, al capitolo trentunesimo, alle colonne 853 - 857, si narra di san Bruno.

Pietro, che fu bibliotecario dell’Abbazia di Montecassino, scrisse nel 1140, appena diciassette anni dopo la morte di san Bruno.

[1]  Chronica monasterii Casinensis, IV, 31. PL 173, cc. 853 – 857.

Vita S. Brunonis

La Vita Sancti Brunonis è un testo redatto per ordine del vescovo Pietro che resse la Chiesa di Segni dal 1179 al 1206 e durante il cui episcopato, Bruno venne canonizzato, nel 1183, dal papa Lucio III, nella stessa cattedrale della cittadina laziale dove aveva esercitato il suo ministero episcopale, soprattutto negli ultimi anni della sua vita terrena, e dove era stato sepolto.

Il testo di cui siamo disponiamo oggi è una copia eseguita "parola per parola" al tempo del vescovo di Segni Bernardino Callini, nel 1541, in sostituzione di una antico manoscritto custodito nell'archivio della cattedrale di Segni e probabilmente andato distrutto nell'incendio del 1557. Fu edito dal benedettino Mauro Marchesi nel 1651, a Venezia.

L’Autore della Vita Sancti Brunonis, chiamato dagli addetti ai lavori anche "L'Anonimo", dimostra un’approfondita conoscenza dei testi scritturistici e dei canoni agiografici in uso negli scrittori medievali, per questo si ritiene comunemente che sia un chierico. Il suo testo è in forma di Lectiones liturgiche, trenta per l'esattezza distribuite in cinque giorni, che venivano proclamate durante la recita dell’ufficio divino da parte dei chierici nella ricorrenza della festa, e quindi è stato composto in occasione della canonizzazione o anche immediatamente prima. Questo documento è particolarmente importante perché abbandona il genere letterario agiografico tipicamente medievale delle Legendae e utilizza invece delle narrazioni circostanziate e precise, frutto di indagini e studi, più aderenti alla verità dei fatti, che in qualche modo anticipano la metodologia con cui verranno istruiti i processi di canonizzazione nei periodi immediatamente seguenti.

Che la vita anonima non sia stata composta prima del 1183 lo si desume anche da un ulteriore dettaglio. L’autore nel descrivere il territorio della diocesi segnina, afferma che esso è costituito da sette «castella». I confini diocesani furono disegnati in questo modo con un privilegio di Lucio III[1] solamente il 4 novembre 1182, ben cinquantanove anni dopo la morte di Bruno e un anno prima della sua canonizzazione, e quindi la stesura del testo è posteriore o coeva al decreto papale che fissava i limiti della Chiesa di Segni.

[1]  R. Grégoire, Bruno de Segni, p. 13.

 

VITA SANCTI BRUNONIS

Auctore anonymo, ex duobus Mss. collatis cum editione Mauri Marchesii.

Bruno episcopus, Signiæ in Latio (S.) - Biblioteca Hagiographica Latina (BHL) n. 1474

[Col. 0478D]  Pag. 480

PROLOGUS

Beati Brunonis Signinæ sedis gloriosæ memoriæ venerabilis episcopi vitam, Salvatoris auxilio descripturus, ipsum supplici mente deposco, qui linguas infantium facit disertas, & aperit ora mutorum, ut donet mihi ad suam laudem, & auditorum ædificationem, hoc opus congruo sermone componere, ut non sit legentibus tædio, sed ad fructum eis proficiat animarum. Vos etiam [Col. 0478E] legentes rogo, ut si sermo incultus aures vestras pulsaverit, rudi stylo veniam detis, quia sapientes non quærunt diserta, sed fortia. Memineritis etiam, regnum Dei non in eloquentia, sed in fide consistere: salutem quoque seculo non ab oratoribus, sed a piscatoribus prædictam. Ego enim utpote pauper ingenio, cum verecundia præsens negotium aggressus sum, eo quod aurum, & argentum non sit mihi, quia imperitus sum sermone, & scientia; sed ne forte ab aliquibus in hoc opere præsumptionis argui valeam, noveritis me id ex mandato inchoasse venerabilis viri Petri, ejusdem sedis episcopi, qui memorato Sancto quartus in Pontificali dignitate successit. Cui non immerito obedientiam credidi, cum scriptum sit I Reg. 15. Quia melior est obedientia victimis, cujus tanta est virtus, ut res etiam impossibiles ad possibilem plerumque redigat facilitatem.

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